Il Cervello Rettiliano è la parte filogeneticamente più antica “fondamentale per le forme di comportamento stabilite geneticamente, come scegliere il luogo dove abitare, impadronirsi di un territorio, cacciare, ritornare alla propria casa, procreare, formare gerarchie sociali e scegliere i capi” (MacLean 1973°), “è necessario per i comportamenti ritualistici e la comunicazione non verbale ad essi associata” (Isaacson 1982); è il mondo degli istinti primari, della sopravvivenza, della conquista, della difesa, delle funzioni corporee autonome.
Il sistema limbico è un’evoluzione del precedente, supporta una vasta gamma di funzioni tipicamente emotive, è il cervello del nutrimento affettivo, del prendersi cura, “sembra proprio che fornisca gli ingredienti per la forte sensazione affettiva o convinzione che noi attacchiamo alle nostre credenze, senza badare se siano vere o false!” (MacLean, 1973), è il cervello compassionevole, culla di piacere ed avversione, sede di intelligenza emotiva, di ricordi di eventi, oggetti e simboli connotati da una storia specifica.
Il Neocervello è invece filogeneticamente più recente, di tipo causale, razionale, serve ad elaborare idee nuove ed inattese, soluzioni intelligenti e creatività, essendo sede di apprendimento e linguaggio, di coscienza e dimensione spazio-temporale.
Nonostante le grandi differenze strutturali e chimiche che contraddistinguono i tre cervelli, essi sono interdipendenti, devono fondersi e funzionare tutti e tre insieme come un cervello “uno e trino”. “La cosa straordinaria è che la natura sia stata capace di collegarli fra di loro e di stabilire una qualche sorta di comunicazione dall’uno all’altro.” (MacLean 1973).
Come una sincronicità culturale, il concetto di trinità domina le entità più nobili della nostra vita, come il cervello. Ma così come il cervello tripartito di MacLean non è forse anche uno e trino l’amore?
Se solo ci si soffermasse a riflettere sull’appena citato sommo sentimento o meglio somma essenza, ci si stupirebbe dell’incredibile somiglianza. Si pensi ad un “amore puramente rettiliano”, sarebbe un sentimento stereotipato, una fugace relazione erotica, edonistica, primordiale, corporea ed istintuale, una sorta di caccia alla preda succulenta da fagocitare in una notte di luna piena. Si tratterebbe di un amore viscerale, ancestrale, privo di coscienza e di emozione. Si pensi ad esempio a un partner incontrato in un raduno “baccanalico”, dove il livello di coscienza è occultato dalle pulsioni libidiche.
Se si trattasse di un “amore puramente limbico” si potrebbe pensare ad un rapporto di cura dell’altro, di attaccamento, di dipendenza, elegante e superba regina del circolo vizioso della gratificazione, poggerebbe su emozioni di curiosità, motivazione, estasi da un lato, o su emozioni di dolore, paura, vigilanza, demotivazione dall’altro. Un amore limbico sarebbe privo di istinti sessuali, per i quali non esisterebbe spazio in quanto occupato in modo pervasivo dal bisogno di accudimento reciproco e non. La nostra società ce ne offre numerosi esempi: amore fraterno, amore amicale, amore genitoriale, amore per un lavoro altruistico. Se ci si imponesse una relazione con un partner che attivasse semplicemente il nostro sistema limbico a dispetto del cervello antico e di quello moderno, si avrebbero rapporti anomali, come quelli che poggiano sulla piattaforma della sindrome della crocerossina, o della dipendenza affettiva.
E se invece fosse un “amore puramente neocorticale”? Ci si troverebbe dinanzi ad un rapporto mentale, timonato da interesse di vario genere, forse materiale o forse culturale, magari arrogante, tendente alla distanza, idealizzante, scevro di istintualità nonché di sfumature emotive. Un esempio di questo tipo potrebbe essere una relazione tra colleghi di lavoro, o tra soci di un’azienda, o addirittura tra telespettatori di un programma televisivo.
L’amore come essenza non andrebbe circoscritto, talmente etereo ed ingestibile che lo si limiterebbe alla pochezza materiale delle parole. Mi limito a definire il pulsante di questo moto, il cervello: nell’ottica trinitaria del “Triune Brain”, l’amore tra due partner potrebbe essere visto come un’essenza pervasiva che invade il nostro cervello, imponendogli con eleganza il totale ed inscindibile funzionamento: istintuale, emotivo, intellettuale. Come dire, il pulsante START è nella mente!